NEWS

“SilaBioMetric”: innovazione e ricerca per la tutela della biodiversità nel Parco Nazionale della Sila

18 Giu 2025

Anche un coleottero può raccontare lo stato di salute di un ecosistema. Nel Parco Nazionale della Sila, la presenza del “Cucujus Cinnaberinus” e “Cucujus Haematodes” è un indicatore chiave della biodiversità: per questo è tra le specie mappate e studiate da “SilaBioMetric”, il progetto che ha l’obiettivo di monitorare, preservare e ripristinare lo straordinario patrimonio naturale del Parco Nazionale della Sila, attraverso tecnologie avanzate di telerilevamento e dati ricavati sul campo.

Partito nei mesi scorsi, il progetto “SilaBioMetric” è promosso dall’Ente Parco Nazionale della Sila in collaborazione con CURSA – Consorzio Universitario per la Ricerca Socioeconomica e l’Ambiente, DIBEST -Dipartimento di Biologia, Ecologia, e Scienze della Terra dell’Università della Calabria, Consorzio “Cultura e Innovazione” (UNICAL), finanziato nell’ambito del “National Biodiversity Future Center (NBFC)” con risorse del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR).

Grazie alle informazioni acquisite e all’analisi avanzata dei dati, i ricercatori stanno sviluppando in questi mesi una metodologia innovativa per quantificare il capitale naturale, con la prospettiva anche di generare crediti di carbonio e supportare la conservazione ecosistemica su larga scala.

 

Il progetto SilaBioMetric integra tecniche di “remote sensing”, dati satellitari e rilievi sul campo per creare un “framework metodologico” replicabile per il monitoraggio della biodiversità. Le attività si concentrano nel comune pilota di Casali del Manco, in provincia di Cosenza, con l’obiettivo di estendere il modello a tutto il Parco Nazionale della Sila.

Aspetto centrale del progetto è il monitoraggio della biodiversità basato sull’analisi di bioindicatori come anfibi, rettili e coleotteri saproxilobionti, essenziali per valutare lo stato effettivo di conservazione degli ecosistemi forestali. Parallelamente, giocano un ruolo cruciale le tecnologie avanzate: l’applicazione di modelli di “machine learning” e “deep learning” permette di individuare hotspot di biodiversità e di tracciare modelli predittivi sulla distribuzione delle specie. Grazie all’impiego dell’Intelligenza Artificiale, l’analisi dei dati geospaziali diventa poi uno strumento fondamentale per garantire una gestione sostenibile del capitale naturale.

Oltre alla tutela della biodiversità, il progetto si propone di integrare il valore del capitale naturale nelle dinamiche socio-economiche locali, coinvolgendo operatori delle filiere forestali, agricole, turistiche e artigianali. L’adozione di crediti di carbonio, certificati attraverso “blockchain”, potrà incentivare la conservazione e la valorizzazione degli ecosistemi.

 

Nelle prime attività di rilevamento, i ricercatori hanno condotto un’ampia ricognizione nelle ZSC (Zona Speciale di Conservazione) Macchialonga, Macchia Sacra, Carlo Magno, con il supporto dei Raggruppamento Carabinieri Biodiversità di Cosenza guidato dal Comandante Francesco Alberti, a seguito della convenzione in corso con il CURSA, e hanno verificato la presenza anche di specie chiave come appunto il Coleottero Carabide del Genere Carabus, bioindicatore di foreste “vetuste”, cioè di sistemi forestali ben conservati.

Fino alla fine degli anni ’50, le foreste calabresi, e in particolare quelle della Sila, sono state sfruttate intensamente per il loro legname. Oggi la loro conservazione è essenziale: tutelare la biodiversità di questi ecosistemi non è solo un dovere ambientale, ma una strategia concreta per contrastare gli effetti della crisi climatica e garantire un futuro più sostenibile per tutto il territorio.

 

“In particolare la Zona Speciale di Conservazione di Macchialonga si trova nel cuore dell’Altopiano della Sila Grande, tra 1.631 metri e 1.462 metri sul livello del mare: un alternarsi di boschi di pino laricio con habitat ideali per numerose specie animali, fra cui lupi, caprioli e cervi e prati erbosi su aree in cui sono presenti piante “xerofile”, ovvero adattate alla sopravvivenza in condizioni di siccità e che costituiscono, ad oggi, vitali aree di pascolo per gli ungulati”, spiega Stefania Spadafora, naturalista, responsabile del progetto per il CURSA e di CURSA Calabria. “Ci tengo inoltre ad esprimere grande soddisfazione per gli ottimi risultati raggiunti anche grazie alle collaborazioni tra CURSA, UNICAL, Consorzio “Cultura e Innovazione”, 17TONS e i Carabinieri Biodiversità di Cosenza. E non è finita qui: proseguono in questi mesi le attività di monitoraggio e ricerca sul campo”, conclude Spadafora.

Ufficio Stampa CURSA

Share This